sabato 13 marzo 2010

Candy Candy amica mia

Ho imparato a disegnare guardando i cartoni animati giapponesi.
Sono nata alla fine degli anni '70 e cresciuta mentre la tv trasmetteva quelli destinati a diventare dei veri cult: Heidi, Remì, Lulù l'angelo tra i fiori, Lady Oscar...tanto per citarne qualcuno dei più famosi.
Candy Candy era però la preferita, la più amata. A me che piaceva disegnare era impossibile non dare le sue caratteristiche distintive - fiocchi, codini e immensi occhi stellati - alle bambole e alle bambine che disegnavo.
Soprattutto gli occhi.
Ricordo che mia madre mi sgridava perché facevo questi grandi occhi pieni di luci, cuori e stelle davvero poco realistici. Ma io del realismo me ne infischiavo allegramente, tesa ad inseguire i miei personalissimi canoni estetici che si andavano formando inconsapevolmente sullo stile anime-manga cui ancora sono caldamente legata.
Disegnando eprimevo molto di me. Il disegno occupava gran parte del mio tempo libero.
E mi piacevano moltissimo le bambole e le barbie, con le quali facevo lunghissimi giochi sia facendo loro da mammina, sia rendendole protagoniste di storie che si ispiravano proprio a quei bei cartoni animati che guardavo.
Mi sarebbe piaciuto avere tra le mani una versione tridimensionale, tangibile, delle bambole che disegnavo, così un giorno chiesi a mia madre di cucirmi una bambola di stoffa che avesse lunghi capelli biondi.
Lei mi accontentò e mi cucì una bambola con della maglina bianca su un modello simil-pigotta, ma più slanciata nelle forme, coi capelli di lana cuciti ad una calottina di stoffa e per occhi e bocca rispettivamente due bottoni viola a forma di fiore e un bottone rosso. Mi disse che si chiamava Asolina, riferendosi ai bottoni usati per il viso.
Oggettivamente era una bambola graziosa e originale, ma non era esattamente quello che avevo in mente. Le braccia e le gambe erano troppo sottili rispetto al corpo e il collo non sosteneva affatto la testa. Un po' delusa, non chiesi più alla mamma di cucirmi altre bambole e Asolina rimase per moltissimo tempo l'unica bambola fatta a mano della mia vita.
Qualche tentativo lo feci di mio, intorno ai dieci anni di età, servendomi di un modello scovato su i mitici "Quindici" che mi aveva prestato una cuginetta, ma era molto simile a quello di Asolina e quindi lasciai perdere.
Avevo già passato i vent'anni quando mi capitò tra le mani il libro "Corso rapido di bambole" di Valeria Ferrari e lì mi si aprì tutto un mondo. Ecco davanti ai miei occhi tantissime bambole fatte a mano e con caratteristiche che me le rendevano gradite agli occhi e desiderabili al cuore. Dovevo assolutamente realizzarle!!!
La tecnica proposta si ispira alla filosodia Steineriana e alle bambole Waldorf senza tuttavia nominarle esplicitamente, ma a chi è disposto a perdere pochi minuti di ricerca sull'argomento è palese.
All'epoca le mie nozioni di maglia si riducevano ad alcune sciarpe un po' difettate (maglie cadute e mai soccorse, aumenti e diminuzioni che si verificavano a mia insaputa durante la lavorazione). Senza lasciarmi scoraggiare da questa ignoranza, mi sono messa brava brava a seguire il modellino proposto dall'autrice, semplice e spiegato con chiarezza, e in poco tempo ho avuto tra le mani il corpicino. L'ho cucito, ho realizzato una testolina rudimentale sempre seguendo le indicazioni del libro (ma meno fedelmente, era un prova dopo tutto! infatti è venuta un po' male....vabbé...) ed ecco pronta la pupetta!
Per la cronaca è quella azzurra con i capelli neri.
Non ne sono rimasta soddisfatta. Per i miei gusti, legati da sempre ai disegni di anime e manga (per chi non lo sapesse, sono rispettivamente i cartoni animati e fumetti giapponesi). il busto era troppo lungo rispetto alle gambe e le braccia troppo grosse.
Così ho messo su un altro po' di maglie sui ferri e ho modificato il modello originale assottigliando le braccia, accorciando il busto e allungando un bel po' le gambe. Il risultato è la bambolina in bianco e con i capelli di quella sfumatura di lilla che assocerò sempre alla dolcissima Creamy

Già più soddisfatta, ho continuato nella produzione di queste pupette a cui disegnavo il viso con le matite acquerellabili, infischiandomene altamente del fatto che al primo lavaggio sarebbero rimaste senza faccia!!!

1 commento:

fux ha detto...

Ciao, melafragola!
Grazie per passare a visitare il mio blog di tanto in tanto.
Sono venuta ad ammirare le tue bambole. Sai che guardandole ho pensato : Hanno gli occhi dei cartoni animati giapponesi!
E qui capisco il perchè!
Ti auguro buon lavoro e buon divertimento anche a te... che noi che amiamo lavorare "con le mani"... a lavorare ci divertiamo sempre tantissimo.

Un saluto da Udine.
Francesca